In questi giorni assisto dalla mia poltroncina a un altro episodio distopico di una realtà che invece è più vera del reale; e sto parlando della shit-storm italiana che ha portato tra le tendenze Twitter il nome di un attore di una pubblicità: RENATINO.

Per chi non seguisse i trend di Twitter o non si occupasse di webmarketing spiego cosa è successo.

Paolo Genovese, un regista italiano molto acclamato in patria, vincitore di un David di Donatello per il film perfetti sconosciuti, ha diretto una campagna pubblicitaria per il Parmigiano Reggiano.

Parliamo di un regista cinematografico che però aveva visto la luce come regista pubblicitario ai suoi inizi a cui è stata confidata una campagna di uno dei maggiori marchi alimentari italiani, campagna della durata di quattro mesi e costata più di quattro milioni di euro.

Il quale dimenticandosi dei precedenti errori fatti dai suoi predecessori, vedi Muccino con la campagna vaccinale o Tornatore con gli spot per la Regione Calabria, ha voluto usare uno stile comunicativo tipico dell’evocazione cinematografica a un prodotto televisivo e ancor peggio a un prodotto digitale.

In pratica fa dire a un personaggio rappresentante un dipendente del consorzio, tale Renatino, che è felice di lavorare 365 giorni all’anno.

Apriti cielo.

La shit-storm è partita immediatamente come sempre accade quando si toccano certi discorsi soprattutto sui diritti dei lavoratori. E potete solo immaginare, e se volete andare a verificare fino a che livello i commenti possano essere arrivati una volta che anche dei grandi nomi del web italiano si sono messi a girare la maionese.

Ma se anche organi di confindustria come il Sole 24 ore si sono scagliati sulla campagna (beh nel loro caso la critica era per lo più di tipo estetico e semiologico, io mi sono chiesto che ci fosse di sbagliato.

Ho vissuto in mezzo alle malghe e ai formaggiari delle valli e conosco i diritti dei lavoratori in paesi diversi dall piccola italietta.

E in entrambi i casi non mi sembrava di certo un eresia affermare che si lavorava 24 ore al giorno.

Chi ha avuto a che fare con le bestie, specialmente con le mucche, sa benissimo che le mucche richiedono una presenza fissa 365 giorni all’anno e il tutto su quasi 24 ore. Non ho mai visto allevatori chiedere alle vacche di non fare latte la notte di capodanno.

Chi conosce un minimo il lavoro in campagna sa benissimo che a parte qualche operaio la maggior parte sono piccoli padroncini che non conoscono la parole vacanza e ancor meno il riposo della domenica.

Mi ricordo benissimo i miei vicini im montagna che avevano una ventina di mucche e non c’era alba in cui non fossero a mungere e non c’era pomeriggio in cui non si facesse il formaggio e non c’era tramonto senza una seconda mungitura.

E non dimentichiamoci di quando era periodo per fare fieno, o quando bisognava portare le mucche in alpeggio.

E se guardiamo appena fuori dai nostri confini, scopriamo interi paesi in cui è normale lavorare sempre; e sono la maggior parte.

Mi ricordo i visi degli americani quando spiegavo che in Europa le ferie fossero obbligatorie e il datore di lavoro venisse sanzionato nel caso il dipendente non ne facesse abbastanza. Loro che avevano difficoltà a chiedere due settimane di aspettativa non retribuita si chiedevano perché in Europa una società fosse obbligata a pagare tutti i propri dipendenti per stare a casa a non lavorare.

Se poi mi inoltravo a cercare di spiegare l’esistenza e la dinamica sociale dei ponti tipicamente italiani, questi mi davano quasi del matto.

Secondo me l’errore di Renatino è stato usare un personaggio cinematografico, un personaggio fittizio che però una volta messo sul web ha perso la carica evocativa cinematografica, risultando solo una macchietta senza senso, anzi con un senso di disagio addosso.

Fosse stato un vero allevatore e non un attore, qualcuno che veramente fosse stato ripreso nella sua fattoria co le sue mucche, magari spiegando la vera situazione di chi ha scelto questo lavoro sicuramente sarebbe stata l’occasione di far capire come veramente gira il mondo.

E se l’Italia non fosse questa propaggine distaccata dell’Africa dove la fretta e l’impegno costante sono qualcosa che non è accettato culturalmente forse batteremmo le mani a queste persone. Persone che pur lavorando 365 giorni all’anno tengono alto il nome dell’Italia.

E per finire una citazione presa da un ragazzo americano cresciuto in Italia e che poi è diventata un’icona globale specialmente negli states, Kobe Bryant. Quando qualcuno, stupito di vederlo allenarsi alle 3 di notte da solo in palestra il giorno dopo aver vinto un campionato, gli chiese perché lo facesse, lui rispose che se non l’avesse fatto, qualcun altro si sarebbe messo a allenarsi al mattino più di lui e alla fine l’avrebbe surclassato.

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